Fra i vicoli tra i colli
Colle borse
Scorgevo i sanpietrini
Il lastricato, i citofoni
Cercavo le mie chiavi
Il numero d’interno
Le scale d’una volta
D’alabastro venato verde
L’ascensore con la gabbia
Ambivo e non sapevo del mio appartamento
Speravo d’incontrarci sotto casa, sul portone
Assi verticali brune con cerniere arrugginite
Salivamo a piedi, discutendo
Tu sulle tue gambe
Io a disagio sciancato
Ti prendevo una valigia passeggiando sulle uova
Tu tiravi vigorosamente l’altra
Mi parlavi di un tuo vecchio amante
« Andiamolo a trovare,
sta al piano di sotto,
potrei trattenermi lì.” »
– Non l’ho più visto,
non lo sento da anni. –
Un’altra porta scura
I nomi sopra il campanello
I numeri degli internati
Provo diverse chiavi
Finché non siamo nell’andito
Vociare femminile
Le altre non ci raggiungono
Siamo dentro la camera
Scelta di brande e pareti armadi
Ante aperte: cappotti, soprabiti
Possibile che nessuna ci guardi?
Montiamo i letti
Smontiamo i bagagli
Irrompono le amazzoni
Ci parlano a carambola
Non sgombrano gli spazi
Le apostrofi con: “Figlie dei Fiori”
Non colgono i profumi
Ci lasciano soli
Tu immobile su un dondolo di finto legno
Io impaurito, colto, con le mani nelle sacche
(Continua…)
[Stefano Decandia]
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