domenica 2 giugno 2019

Maledetto mito dell’androgino

Maledetto mito dell’androgino
che ci vuoi spezzati
quando rigidi e razionali
guardiamo l’altro
dietro gli occhiali
con la matita e la cartellina
segnando dentro la casellina
i requisiti fondamentali

Maledetto mito
che ci vuoi tranciati di netto
e tal senso di imperfetto
ci conduce alla chirurgia
dalla mania per l’estetica
sono alla settima anestesia
totale, ho fatto fuori l’animale
ma manco lui è scappato via
abita in me come cadavere

Maledetto
che ci vuoi recisi
quelli tra noi più fragili
steli delicati
perennemente in crisi
così precisi e vulnerabili
in balia di esseri abietti
quanto venerabili

Maledetto mito dell’androgino
che ci vuoi mozzati
corpi pezzati, macelleria
quella da branda
una botta e via
un’altra tacca nelle bretelle
ché la cintura ci fa paura

Maledetto mito
che ci vuoi tronchi
a colpi di scure
un colpo secco
che ne risenta il baricentro
e barcollando come sbronzi
battono tempie sopra gli spigoli
parte il concerto di batteria
per danza macabra dei monchi

Maledetto
che ci vuoi mutilati
e muti
dalla bocca cucita
e inchiodati ai sedili
e con gli arti amputati
e nemmeno lo sguardo al cielo
ché ne gli occhi gli spilli infilzati

Maledetto mito dell’androgino
Maledetto mito
Maledetto

[Stefano Decandia]


La poesia dell’abbandono

La poesia dell’abbandono
abbracciami
mi sento solo
Ho bisogno di sostegno
da chi
ha lasciato il segno
Ma sei tu che mi hai lasciato solo
forse è meglio che mi muovo

La ferita è l’abbandono
abbracciami
mi sento solo
ma le braccia tue non trovo
è meglio che non ci provo
Ogni giorno io ti penso
ma è logico che non ha senso
Il malessere più denso
non puoi spazzarlo tu

Fossi tu a colmare questo vuoto
che pretesa senza scopo

Malattia dell’abbandono
abbracciami
mi sento solo

(Continua...)

[Stefano Decandia]

sabato 1 giugno 2019

Quando bevo non sento

Quando bevo non sento
L’alcol mi tappa le orecchie
Non sento le tue ragioni
Non riesco ad ascoltare
la tua visione del mondo
la tua versione della storia

Sento il suono prodotto
dalle tue labbra in movimento
Vedo la tua lingua farsi battaglio
ma sopratutto gli occhi sparire
nell’incavo delle orbite
manifestazione di eccessivo stupore
Tanto che proprio non capisco
come tu possa non darmi ragione

Cuore di spugna secca
taglio e incarto lembi
del tuo corpo inerme
Non c’è bisogno che tu finisca la frase
in quanto – non capendo più nulla
ho già capito tutto
e appena apri bocca
ho impazienza di risponderti
e col mio eloquio contorto
altro non faccio
che chiuderti la bocca
spingerti all’angolo

È l’unico liquido
per via del suo effetto tossico
ad essere in grado
di far salire il galleggiante
che aziona l’interruttore

E allora click
si spegne tutto
è un modo per arrestare il flusso
l’unico – di mia conoscenza
per spezzare l’anello
per evitare il ritorno
quando farlo è necessario
ma ha troppe controindicazioni

Ce ne fosse un altro
Ce ne sarà un altro
Giuro che lo cerco

[Stefano Decandia]

Non abbiamo saputo starci vicini

Non abbiamo saputo starci vicini
ci siamo percepiti diversi, incompatibili
il sole illuminava le nostre incomprensioni
e le nostre ombre, sempre più dense, si scontravano
non siamo riusciti ad essere “noi”
ma solo “io” ed “io”
ognuno nel proprio mondo
e in questi mondi abbiamo pianto, riso, vissuto: distanti

Ogni giorno abbiamo scoperto qualcosa di noi stessi
qualcosa di orribile: ciò che realmente siamo
e non l’emblema di come ci credevamo
non abbiamo saputo darci l’un l’altro
troppo intenti a contare chi fosse il primo e chi l’ultimo
il tuo corpo moriva nel mio
perché insieme era noia

Non era più amore
e sarebbe stato disonesto
aspettarsi ancora

[Stefano Decandia]

* Mia personale rivisitazione di "Se saprai starmi vicino" di Rosita Vicari