che ci vuoi spezzati
quando rigidi e razionali
guardiamo l’altro
dietro gli occhiali
con la matita e la cartellina
segnando dentro la casellina
i requisiti fondamentali
Maledetto mito
che ci vuoi tranciati di netto
e tal senso di imperfetto
ci conduce alla chirurgia
dalla mania per l’estetica
sono alla settima anestesia
totale, ho fatto fuori l’animale
ma manco lui è scappato via
abita in me come cadavere
Maledetto
che ci vuoi recisi
quelli tra noi più fragili
steli delicati
perennemente in crisi
così precisi e vulnerabili
in balia di esseri abietti
quanto venerabili
Maledetto mito dell’androgino
che ci vuoi mozzati
corpi pezzati, macelleria
quella da branda
una botta e via
un’altra tacca nelle bretelle
ché la cintura ci fa paura
Maledetto mito
che ci vuoi tronchi
a colpi di scure
un colpo secco
che ne risenta il baricentro
e barcollando come sbronzi
battono tempie sopra gli spigoli
parte il concerto di batteria
per danza macabra dei monchi
Maledetto
che ci vuoi mutilati
e muti
dalla bocca cucita
e inchiodati ai sedili
e con gli arti amputati
e nemmeno lo sguardo al cielo
ché ne gli occhi gli spilli infilzati
Maledetto mito dell’androgino
Maledetto mito
Maledetto
[Stefano Decandia]