mercoledì 20 giugno 2018
Tarassaco Soffione Dente di leone
Sei così bello
Mi ricordi l’amore
Passo il tempo ad osservarti
Ti lasci contemplare
La mia brama di soffiare
Quel bacio-soffio d’amore
Ti farà sfiorire
Allora mi contengo
Continuo ad ammirarti
E temporeggio tempo permettendo
La voglia di soffiare
Che ti farà sfiorire
Una volta soffiato
Di te non resterà
Che gambo stelo scheletro
La struttura portante
È chiaro: io amo proprio lei
Lo scheletro, le ossa
E non il suo piumaggio
Che adoro vedere cadere leggero
Svanire col tempo, col vento
Anche senza il mio soffio
Che cosa resterà?
Di cosa abbiam paura?
Di fare graffi sopra l’armatura
Adoro vederti volare leggera
Svanire col tempo, col vento
Anche senza il mio fiato
Che cosa resterà?
Di cosa abbiam paura?
Di fare graffi sopra l’armatura
Tarassaco Soffione Dente di leone
Sei così bello
Mi ricordi l’amore
Spremuta di limone
e una fetta di melone
vi trovo spesso
nei pressi dell’amore
Due buste una stagnola
e un po’ di metadone
mi perdo spesso
depresso nell’amore
Tarassaco Soffione Dente di leone
Sei così bello
Mi ricordi l’amore
[Stefano Decandia]
domenica 17 giugno 2018
La morte dell’ippocampo
se resto chiuso
senza parole
Accogli – intorno al tavolo tondo
posti di fronte l’altro –
il mio sguardo di sbieco
col velo lustro del tuo
Ospita la mia mano lenta
nella tua stretta forte
– nell’altra – avanzi di coperta
la colazione è calda
Mi troverai scomparso, sfigurato
come mai in tanti anni son stato
ma non permettermi sgarbo
astio, rancore
mi faresti precisamente del male
Non premiare ciò che voglio raschiare
ciò che sto lasciando
– a fatica – per ricominciare
Non farmi da madre
mamma-pesce-martello
che incrina la mia spina dorsale
Non proteggere ciò che voglio abbandonare
l’orgoglio a cui rinuncio
privilegio ereditario maschile
ordine nobiliare
Non accudire in me
quel senso di possesso
che soffoca il tuo librare
Parlami, invece, d’amore
lingua di gentilezza
d’amore universale
Non farmi ombra di sottana
non esser santa né puttana
sii solo donna tale
smessa la maschera di carnevale
Sì, ti mancherò, lo so
ti mancheranno le trovate
le bizzarrie azzardate
adatte a te
l’ora nella capanna
la scuola di ballo
il record mondiale di bacio
gli stecchini che trafiggono l’albero di Natale
Faremo ancora finta
di non svegliarci col pensiero
per non sentirci affini
sommersi da quell’onda
fascio di cimitero
che investe i capillari
e i figli clandestini
nel limbo degli amari
amori calamari
anelli fritti negli anulari
Mi troverai scomparso, sfigurato
come mai in tanti anni son stato
Comprendimi quando son triste
se resto chiuso
senza parole
Capiscilo che sono triste
Se resto chiuso
nell’ascensore
[Stefano Decandia]
sabato 16 giugno 2018
Ho perso
ventricolo sinistro
adiacente al polmone ferito
che tanto abbiamo cantato
Ho perso la gioia, il futuro sognato
Ho perso quei pianti
che sgorgavano ogni giorno
per l’incredulità d’esserci ritrovati:
Anime Gemelle
Ho perso le dita
Ho perso un braccio
e nessuno mi comprende
nessuno mi abbraccia:
«Fattene una ragione» dicono
«Cercatene un’altra»
come se le persone fossero sostituibili
come se fossi tu una persona qualsiasi
una vicina di casa a cui chiedere il sale
Ho perso l’ordine del giorno
Ho perso l’alba, la colazione da vassoio
la capriola fuori dal letto
Ho perso il grido
che ho cercato
con furore nella danza
Ho perso il mandorlo
Ho perso la speranza
Ho calpestato tutto
delicatamente scalzo
in punta di piedi
educatamente m’alzo
Mi sono punto i piedi
su quel tappeto d’aghi
Ho rinunciato a tutto
Ho messo via l’orgoglio
ma tutto ciò che voglio, ho perso
Perché sono sbagliato
perché rovino tutto
perché non vado bene
perché non sono giusto
perché non sono mai abbastanza
perché non piaccio ai tuoi
perché non seguo il filo
perché non vado dritto
perché comunque resto
l’essenza che detesti
Perché noi siamo uguali
e non puoi sopportarlo
perché se son bizzarro
tu lo sei tanto quanto
ma vuoi seguire il filo
vuoi camminare dritta
perché vuoi andare bene
a costo d’eclissare
l’essenza che detesti
l’essenza che Tu sei
[Stefano Decandia]
venerdì 15 giugno 2018
Romanzo Terminale
postura decisa
distanza sicura
schiena incollata alla spalliera
legata alla cintura
Poi mi stringi la mano
talmente forte
diventi tenaglia
tenace foglia
anulari intrecciati
sangue dagli anelli
tremito che m’attanaglia
le tue dita serpeggiano fra le mie
Sento i polsi fragili
slegati, fan l’amore
anche le cartilagini
Non piangere
il canale è secco
e quella ruggine nel tubicino
macchia le lacrime
si fanno scure
tagliano in quattro il cuore
ormai tronco di legno
per ogni venatura una sutura
rimpianto di vita futura
Sulla bocca le labbra separate
e su di ognuna una smorfia
e tra esse un naviglio
naviga la lingua
a crear scompiglio
Noi non dovremmo parlare
perché nulla è rimasto da dire
nulla è importante ridire
nessuna parola potrebbe tanto
tendere al vero, al canto
nessuna frase ardirebbe
giunge in ritardo
romanzo terminale
destino bastardo
Guance di marmo addiaccio
m’armo del miglior coraggio
è un lampo delicato
crampo per bacio mancato
morsico la mia lingua
per non sentir la tua
che indugia nell’assaggio
temo la tentazione
più che l’assenza al tatto
[Stefano Decandia]
mercoledì 13 giugno 2018
Anche l’indifferenza
anche l’indifferenza
Cane in catene
chiamato alla gamba
Borchie che bucano il collo
Fischio inaudito
terribile tonfo
di doni nel vuoto
Parole cortesemente feroci
eclissano ogni gentilezza
– Mai confondere la cortesia con la gentilezza
il disastro sarebbe (quasi) irreversibile –
Se mi cerchi
trovi le mie braccia
a disegnar semicerchi
nell’aria
Se mi cerchi
mi trovi
perché chi cerca
al meno, prova
e chi prova: riesce
riesce comunque in qualcosa
Chi lascia: lascia
sacrifica, rinuncia: esce
Conoscerai tutto di me
anche l’indifferenza
certo, un’indifferenza moderata
da buon vicino
tale da chiedere il sale
ma non di domenica
ché i negozi sono aperti
Di notte
quando non si cucina
e i più piccoli già dormono
cullati nel brusio
che vien dalla cucina
Conoscerai tutto di me
anche l’indifferenza
lascerai le mia braccia-ali
la sincerità pietosa
il canale aperto
Troverai nell’indifferenza
uno slancio fresco
finalmente campo
un mercato franco
Danzerò casuale
e lo farò da solo
come non si potrebbe altrimenti
d’altronde, ognuno
non può che ballare il proprio corpo
Conoscerai tutto di me
dall’indifferenza alla danza
e ancora saprai
talmente poco di me
che vorrai conoscere tutto
di me
anche l’indifferenza
[Stefano Decandia]
Non voglio vivere nella speranza
perché la speranza è la linea
di chi non agisce
la speranza è per gli irresponsabili
per gli inconsapevoli
per gli immaturi
Perché il destino si può cambiare
ma non si può cambiare il destino
Non voglio vivere nella speranza
perché la speranza è linea piatta
di chi ha preso commiato dalla vita
di chi, sprezzante, trattiene il macigno
non guarda oltre l’albero
ammira il cielo dalle pozzanghere
Perché il destino si può cambiare
ma non si può cambiare il destino
Non devo vivere nella speranza
Perché il destino si può cambiare
anche se non si può cambiare il destino
[Stefano Decandia]
martedì 12 giugno 2018
Ingenuo sognare
Ci sarà un giorno in cui
mi sentirò stupido
a interpellar la luna
con te nel cuore
come mi sentii stupido
ad accogliere in bocca
il sapore dell’ancia di legno
Quel giorno troverò patetici
la capriola dal letto
i petali secchi sul pavimento
mi sembrerà ingenuo sognare
sentirti così vicina
Quel giorno dirò addio all’incanto
forse pensando
d’esser cresciuto
abbandonerò la vita
confinerò il fanciullo
sarà il mio ultimo giorno
da uomo libero
Eppure ti saluterei
prima della partenza
forse sperando
che l’emozione non si spenga
Quel giorno troverò patetici
il giradischi per colazione
l’albero di cartone
mi sembrerà ingenuo sognare
sentirti così vicina
Quel giorno dirò addio alla danza
e alla cucina
al volteggiare nudo
al pasto dei colori
forse pensando
d’esser cresciuto
e che in fondo tu
mi sia stata d’aiuto
Quando arriverà quel giorno
spero di non esser lì
o di non esser più
perché troppo forte sarà il dolore
scuro il male, coprente
cielo trasparente sul mare
[Stefano Decandia]
lunedì 11 giugno 2018
Hai avuto tutto il giorno per cercami
ma nell’ora della quiete
ciò che prima lacerava: tace
La mancanza diventa sopore
il tuo volto svanisce
lo vedo sfocare
L’organismo rallenta
Gli angoli della bocca – puntano
ognuno – al proprio occhio sovrastante
e mi sento sereno, sfinito
Per oggi ho finito
la cena leggera
i piatti puliti
ho chiuso la porta
e il gas
Depongo l’arco
ricopro la faretra
nessuna freccia – oggi
è stata scoccata
Copro il mio corpo nudo
cotone bianco sul petto
sprofondo fra i mandala di seta
dentro un sonno circolare
conto i colori girare
Irrompe nel sogno
la voce della radio accesa
prendi quel tono crudele
che muore la candela
dialogo sulla nostra contesa
Apro gli occhi per il cicalio
temo, prima d’allungar la mano
ma non riesco a farne a meno
allora mi faccio coraggio
e leggo...
Hai avuto tutto il giorno per cercami
e appari solo adesso
a disturbare il riposo pacato
solo per chiedere – in tutto il giorno
che cosa ho fatto
[Stefano Decandia]
domenica 10 giugno 2018
Il mio cuore grida Resistenza!
li spegne
Ciò che viene premiato e promosso – invece
si riproduce e continua
Spegne sogni e sognatori
che dovranno arrendersi e perire
oppure riciclarsi
diventare altro
altro da sé
diventare vincenti
aderire a modelli più premiati
Tutto ciò condanna la società stessa
ad essere una società senza sogni
la società del futuro
quella che lasciamo in eredità
ai nostri figli
dai quali pretendiamo che sognino
per ricostruirla
mentre gli spegniamo i sogni tutto intorno
e fulminiamo ogni lampadina
Il mio cuore grida Resistenza!
ma il cuore di un poeta
non è il corpo di un santo
e ho paura di crollare
d’arrendermi e perire
Con una mano reggiamo Rodari
mentre glielo leggiamo
con l’altra mano facciamo “no”:
Leggi Rodari
ma non sposare un Rodari
Leggi, ma non applicare
Comprendi, ma non agire
Sogna, ma non realizzare
Una società che non premia i sognatori
li spegne
li condanna ad arrendersi e perire
ma il mio cuore grida Resistenza!
[Stefano Decandia]
sabato 9 giugno 2018
Dopo di te
per attendere la tua buonanotte
e rispondere con la mia buonanotte
Mi risveglio prima di te
per mandarti il mio buongiorno
e attendere il tuo buongiorno
Vengo dopo di te
perché tu possa venire
prima che io possa finire
Non è una strategia
così ho sempre fatto
così spontaneamente faccio:
donarmi completamente a chi amo
donargli la mia presenza
autentica e immediata
Forse ti sei addormentata
aspettavo la tua buonanotte
ti lascio qui la mia
appesa all’arco
l’arco del guerriero
dell’arciere quale sono
Io stesso fabbrico le frecce
scegliendo i legni più dolci
impugno il corpo fibroso dell’arco
tendo la corda
e già son pronto per scoccare il dardo
col coraggio che mi contraddistingue
perché ho paura
ma col coraggio d’aver paura
[Stefano Decandia]